Antonio De Lisa – Recensione: Edoardo Sanguineti, “Varie ed eventuali” (Poesie 1995-2010)

Edoardo Sanguineti

Varie ed eventuali

(Poesie 1995-2010)

con una Postfazione di Niva Lorenzini, Feltrinelli, Milano 2010.

L’idioletto di Sanguineti

di Antonio De Lisa

La raccolta di poesie di Edoardo Sanguineti, Varie ed eventuali (Poesie 1995-2010), Feltrinelli, Milano 2010, Postfazione di Niva Lorenzini, è costituita da un corpus iniziale di poesie che vanno dal 1995 al 2006, con l’eccezione della prima, che risale al 1949 (Frammenti da “Invenzione di Don Chisciotte”), da una sezione intitolata “Mantova, 13.9.6”, da un “Omaggio a Duerer” (14 sonetti, marzo 2007), seguito da un altro breve corpus e infine dalla sezione “Nove filastrocche per Luca” (febbraio 2010). E’ definito in questo modo l’ultimo quindicennio dell’attività poetica di Sanguineti.

Una delle cose che risaltano con maggiore evidenza è il dialogo ideale che il poeta genovese intrattiene con i testi e le persone che hanno rappresentato momenti forti della sua esperienza di vita. Lo si nota dalle dediche e dagli omaggi: per esempio al compositore ligure Luciano Berio, cui sono dedicati diversi testi, a Pagliarani a Carol Rama e così via. Su un altro piano l’omaggio si svolge in forma di “imitazione” (con una vera ironica) , per esempio “Due imitazioni di José Saramago”, “Due imitazioni da Pablo Neruda”. E’ tutto un tessuto dialogico di istanza profonda cui non è sempre facile tenere dietro e forse non è nemmeno necessario. A un livello più superficiale Sanguineti intrattiene un dialogo con i propri lettori di ieri e di oggi, con allusioni e riferimenti di diversa natura e consistenza, come a disegnare e a rappresentarsi con loro un’intera carriera poetica durata più di cinquant’anni.

Da un punto di vista formale sembrerebbe di assistere al recupero e al reintegro di diverse forme chiuse della tradizione, come per esempio il sonetto, com’era già avvenuto perlomeno dalla metà degli anni ottanta in poi; ma se ci si lascia distogliere da questo dato si rischia di non cogliere appieno la portata ancora una volta innovativa dell’opera sanguinetiana. Le forme sono scavate e plasmate all’interno da una felicità inventiva, propriamente della lingua e sulla lingua, che emerge con piena evidenza lungo tutto il corso della raccolta, che raggiunge in alcuni casi effetti irresistibili. Il gioco sulla lingua, sulle parole della lingua e sui loro nessi,  si unisce a quello delle ricorrenze o dei contrasti fonici, come le assonanze, le allitterazioni, le rime in un impasto che non si può definire in nessun altro modo (come per esempio espressionista, materico o altro) se non come “sanguinetiano”. Sanguineti suona infatti tutta la tastiera delle potenzialità della lingua italiana, con rarissimi innesti estranei, praticamente reinvantandola, riplasmandola in un personalissimo “idioletto”.

Proviamo a fare qualche esempio scandagliando i testi come in  una specie di prospezione. Evidentissima è la deformazione o reinvenzione pre- e suffissale di nomi ed aggettivi. Il campionario è sterminato, e attraversa tutta la raccolta nelle sue varie sezioni- tra parentesi il titolo della poesia:

(Tre quartini d’olio d’oliva in forma di quartine): strafatte, extravergini, traslucide, sempreverdi, semprecelibi, neobacchici;
(Vinovino): neoneoagrituristici;
(Votabene!): arcirevisionistica, benitoberluschi, estremocomunisti;
(Per il novissimo Pagliarani): presbipoeti, arciobsoleti;
(Polittico Baj): megacranico, emimammelle, ipoderma, ipoinfernali, supermaschietti;
(Il y a): semirosa;
(Bestialissimo sonetto solstiziale): deuteroagnello;
(Tre sonetti verdi): iperdisfatti;
(Tre crani): straconcetti, endoevoluti, emisferico, arciplanante, superorbitali;
(Duplex): microsgocciolìo, nanozampirone;
(Fermo in posta): semipazzo;
(Scoazna): ovosfera;
(Oppio): serpentiformi, ipersterili, tecnoriproducibili;
(Scrabble): metagramma, metaplasmo;
(Petite phrase): multi mediatiche, multi tematiche, macromodali;
(Quattuordecim disticha nespolica maritima): supervinili;
(Monorima monoritmica berluscocchiesca): ipercavalocchio;
(Sette terzine cosmochaotiche): hypocristi, ipernazistici, polipervertita, neonarcisi, arcilupanaresco, ultrultrultrultrultrosi;
(Somatopsicomachia): quasiemiporno;
(sonetto del rebus sonoro): semiumanizzata;
(Mantova- 9): postumano;
(Sonetto della chimera): hyperhysterici, infraomerici;
(Sonetto del foglio volante): acroaquilotto, iperdotato;
(Clowntherapy): maximedicante;
(M4): ipercostante;
(M6): supercontratto;
(Capriccetto per g.v.): postmodernprovinciali;
(Quintettino): megamicro, ipersupernano;
(Enueg per Cenne): neomostri, omiroporno, metaporno;
(La ballata della malaventura): postumani;
(Ballatella delle sirenelle): superputtane, miniputtane, lapmicrosottane;
(Ottava dell’acquario): ipopolpi, iperdelfine;
(Sonetto astrale): supergiganti, ipercompresse;
(Teatro): overumana, pluripresenza;
(Similsonetto speculare): emizampe, ecodopplerizzando.

I nomi possono poi subire una flessione accentuativa o più spesso diminutiva che li ridisloca semanticamente all’interno del contesto: soldini, troiettone, eridanoidi, bove cornutello, fantasmino, bambinella, pupazzetti, operina, montagnette, granchietto, testicolino.

Anche gli aggettivi partecipano a questa reinvenzione del linguaggio: il mare è “uraganato”, per esempio; e spesso si pongono tipicamente a coppia: “groppo odioso, ozioso”; “io deliro, inquieto, ansioso”; “virtuale narcisino”; “ti cullerò: dolce, amoroso”;  “vociferante, arrogante, è un gigante”; “da te mi congedo, acceso e arsiccio”; con effetto di risonanza.

Il virtuosismo linguistico si esplica in pieno poi con i verbi: “sindonizzo il mio corpo”, “mi ironizzo”, “inesisto in eccesso”, “mi acrobato”, “fa rosolacciare”, “si scekeravano”.

Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma questi ci sembrano che possano bastare per dare conto dell’inesauribile invenzione sanguinetiana, che si pone come un risultato che illumina un intero quindicennio di poesia italiana.

Abbiamo notato, lo si è detto ma su questo non abbiamo voluto calcare la mano, al tono di lascito che percorre la raccolta. Uno sguardo all’indietro sulla propria vita, ma senza lacrime e con robusta ironia. Forse è facile dirlo adesso che il poeta non c’è più, ma è talmente evidente che lo si sarebbe potuto dire anche se il poeta fosse stato ancora in vita.

Nel corso della raccolta Sanguineti allude più volte alle sue esperienze e a quelle della neo-avanguardia dei Nuovissimi e del Gruppo 63. Per esempio in “Per il novissimo Pagliarani”: “epigrammi, esercizi, auto epitaffi: / lavoriamo così, presbipoeti: / invecchiamo così, nel vecchio vizio, / ostinati beati arciobsoleti”. Disegnando infine un proprio personale “Epilogo”. Una parola terribile, se non fosse stata detta da lui medesimo. Ma non si può chiudere con nessun’altra parola:

Epilogo, ovvero sonetto

posso anche, caro mio, chiudere in versi
spiegando che si illude, per sedurre
(e molto ci si illude) con diversi
accorgimenti: vedi che ridurre
a tutto si può un niente (con perversi,
come noi, poliformi) onde condurre
il tutto a un niente (e qui, bene conversi
e convertiti, è possibile addurre
esempi, i favorevoli, gli avversi,
senza fine, onde, quindi, indurre e abdurre
abducendo, inducendo, i presi, i persi
che noi saremo: e aiuto, occurre, accurre!)

lunga è la storia, e me, qui, mi congedo:
io ho detto e molto e poco, forse, credo:

Antonio De Lisa

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2 replies

  1. Una scheda video dedicata all’ultimo testo poetico di Sanguineti a cura del professor Rino Mele, che del poeta genovese fu amico e collega all’università di Salerno:
    http://www.dentrolanotizia.tv/index.php?option=com_hwdvideoshare&task=viewvideo&Itemid=18&video_id=427

    Il blog è molto interessante, tornerò spesso a farvi visita.
    Buon lavoro!

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