Ritratto in musica del Dr.Panico
Testi, musica e video
MUSICHE
Dal disco “Ho il cuore in erezione”
Tracklist
01. Una Mongolfiera
02. Ho il Cuore in Erezione
03. Una Rima Elementare
04. Dove Ci Porterà Questo Amaro
05. Discorsi Impegnati
Brano del Dr.Panico estratto da “Ho il Cuore in Erezione”, scaricabile GRATIS da http://www.diavolettolabel.com/d12.asp
Musica e parole del Dr.Panico.
Disegni e grafica di Antonio Sileo (Collettivomensa).
Logo di Dr.Pira.
Nel libretto prefazione di Sacha Biazzo (Collettivomensa).
Voci e chitarre registrate da Enzo Lofrano (Smania Uagliuns).
Mix e mastering di Negrè & Swelto – Lunghezza d’onda studio.
Autoprodotto.
2010
01- Una mongolfiera
Testo:
Ahimè non scoprirò mai
la differenza
tra il vecchio
e l’antico,
ma ieri sono uscito
male
nelle foto di un mio amico.
E non mi importa
come va a finire,
e non mi frega
neanche di morire:
ma si…
E andiamo a ballare amici
al mio funerale:
non vorrei
passare
per
triste.
E andiamo a cantare amici
al mio funerale.
Mi sono messo gli occhiali
con una lente sola,
per non capire un cazzo
di quel che succederà:
una mongolfiera,
che sale e
va sempre più su.
Ma ti è andata male,
non ritornerai
mai
quaggiù:
ma si…
E andiamo a ballare amici
al mio funerale:
non vorrei
passare
per
triste.
E andiamo a cantare amici
al mio funerale.
02- Ho il cuore in erezione
Testo:
Ti regalerò
fiori finti,
tutto il meglio di
Umberto Bindi.
E non ho niente
da dire.
Non ho più niente
da dirmi.
Non mi voglio divertire.
Quanto avrei voluto sentirti
cantare
una mia canzone:
ho il cuore è in erezione.
Ora voglio solo…
solo vedere,
solo
quanto mi voglio
bene.
E quando alzerò il bicchiere,
sarà per farmi un piacere:
solo
mi voglio bene.
Quanto avrei voluto sentirti
cantare
una mia canzone.
Canta forte forte forte
finchè non cambi colore.
Canta solo e ubriaco
senza alcuna intonazione:
ho il cuore è in erezione.
03- Una rima elementare
Testo:
Mi sono alzato di scatto,
ho la mente annebbiata:
uccellini che escono da uova
di cioccolata.
E magari si muore
pure
nell’aldilà,
dentifricio a limone
e poi nutella.
E ti senti un po’ povero
all’università,
ma un invito ad un pranzo
tra cuochi
mai si rifiuterà.
Quanto è bella
la mia camera,
come una stella o
una rima elementare.
Mi sento una discoteca
di sordomuti
impasticcati da far paura.
E quando la notte è scura
e non sai niente di poesia,
bevi un bicchiere in più e
quella ragazza diventa magia.
Ma come fanno a decidere
quelle stronze di zanzare,
chi rimane in città e chi invece
parte
per il mare?
Quanto è bella
la mia camera,
come una stella o
una rima elementare.
04- Dove ci porterà questo amaro
Testo:
Non mi ricordo di te…
a colazione sgranocchiavi
pillole
del giorno dopo.
Non mi ricordo di te…
ma come? Abbiamo visto insieme
chilometri
di film.
Non mi ricordo di te…
da soli scrivevamo libri
di pronomi
singolari.
Ma c’è qualcosa in te,
c’è qualcosa in te…
Come vuoi,
ma dove ci porterà
questo amaro?
dove ci porterà?
Come noi,
ma dove ci porterà
questo scopare?
dove ci porterà?
Non mi ricordo di te…
la frustrazione quando scordi
le parole
e non puoi canticchiare.
Non mi ricordo di te…
a schiaffeggiare i pensieri di
rancore,
distrarsi un po’.
Non mi ricordo di te…
ma forse faccio solamente
confusione,
forse non sai…
ma c’è qualcosa in te
c’è qualcosa in te..
Come vuoi,
ma dove ci porterà
questo amaro?
dove ci porterà?
Come noi,
ma dove ci porterà
questo scopare?
dove ci porterà?
Come vuoi…
05- Discorsi impegnati
Testo:
E non te la prendere con me,
se il digitale ha cambiato tutto.
E se non me ne frega niente
della morte del re del pop.
E se non mi commuovo guardando
questi cieli pieni di nei,
ma il 10 non vorrà per forza
essere 11.
Ogni discorso che mi fai
mi fa pensare al mare,
ma io non so neanche nuotare.
Facciamo discorsi impegnati
di un mondo in cui si fabbricano sveglie,
fidanziamoci con un cesso
dando agli altri dei superficiali.
Chiediamoci perchè solo quelli famosi
hanno diritto ad un sosia,
sognando di essere una mosca
per volare quando c’è rumore.
I colori primari fanno a botte
sulla tela
di questa canzone d’amore
che io mi dedicherò:
Ogni discorso che mi fai
mi fa pensare al mare,
ma io non so neanche nuotare.
Sacha Biazzo- Un cantautore dei nostri primi anni Dieci
Dottor Panico è cresciuto con la musica, figlio d’arte nel senso inconsueto del termine. Dicono che al sud due sono le cose che ti mettono al mondo “ta mamma” e gli schiaffi. Per Filippo De Lisa gli schiaffi sono stati la musica, musica portatrice di codici, formule magiche di evasione, a volte rumorosa, dalla realtà quotidiana di quel paese (Potenza, nda) cresciuto sul nulla per il nulla. Il paese di provincia, in cui tutti bene o male nasciamo, traghettatore verso il niente, culla stupida di una sociale appartenenza che per alcuni diviene spesso insignificante. De Lisa e la sua necessità e desiderio di un linguaggio altrimenti indecifrabile, quello per cui non servono parole, servono, semmai, tantissime parole. Di indole insofferente, Panico percorre ogni giorno la stessa strada per tornare a casa.Scruta sornione i volti dei passanti. Non li odia, Panico non è mai un punk. I punk non hanno gli occhiali. Lui sì, ne ha un paio brutto, storto, anacronistico (nel senso più anti-vintage del termine anacronistico) e con quelli scruta il mondo. E’ da qui che nasce la sua insofferenza, prurito sul naso, frenesia spasmodica alle mani (quella mani, badiamo bene, che userà per suonare). De Lisa e i passanti di via Pretoria. De Lisa e i giovani che litigano, discutono di politica, parlano di soldi. De Lisa e un imperativo. De Lisa è un imperativo: “che palle!”. Non è solo la svogliatezza nel decifrare il mondo. La semplicità del Panico, nasce dalla volontà di un ritorno alle origine, perchè l’origine, come dice stesso il nome, è qualcosa da cui nasce sempre quacos’altro. Non esistono aborti di origine – afferma Panico nei suoi testi. Ma esiste la fine, il the end agognato di ogni storia. L’eutanasia è un modo per sublimare l’origine, per far evaporare la narrazione – in questo modo, e solo in questo modo, rimane il midollo, lo scheletro di amianto, l’impalcatura portante, del senso/forma, inscindibili come sempre, come sempre sono due accordi e cento parole. Perchè un accordo cos’è se non una costruzione armonica, una volontà di potenza di un underuomo sintetizzata in significato/suono. Tesi vita, antitesi mondo, sintesi Dottor Panico e un bel paio di stampelle. In definitiva Panico ci racconta di questi cazzo di anni dieci, prendendo molto sul serio il non prendersi sul serio. Scapigliando le corde di una chitarra-scotchcarta, anestetizzando il prestabilito con un caleidoscopico esame linguistico di proverbi improbabili, trascinandoli organicamente nel futuro – futuro proverbiale. Ascoltate i suoi dischi e poi ditemi, cazzo, chi è che spacca in Italia.
(Sacha Biazzo – Collettivomensa)
VIDEOCLIP
“Portami via eutanasia”
Testo:
Ti racconto perchè non riesco a dormire
è che alla vita non so obbedire
fammi morire allergia
madre mia passa in farmacia
e allora portami via portami via eutanasia
portami via portami via eutanasia
dammmi la cura per la mia idiozia
portami via portami via eutanasia.
è da quando sono nato che voglio morire
vivo solo per il gusto di finire
qualcosa che trascino per colpa di una idea infantile
prima di trovare un fucile
e allora portami via portami via eutanasia
allegria allegria allegria
dammmi la cura per la mia idiozia
portami via portami via eutanasia.
Mi hanno raccontato che è bellissimo partire
un treno senza bagagli e senza file
avanti gente in carrozza e sia quel che sia
premi il grilletto e poi via…
si parte
e allora portami via portami via eutanasia
allegria allegria allegria
dammmi la cura per la mia idiozia
portami via portami via eutanasia.
Per info: http://www.myspace.com/andreapanico
CORTOMETRAGGI
Pallonate
Sesto cortometraggio del Dr.Panico 15/10/2010.
Regia e testo del Dr.Panico:
http://www.myspace.com/andreapanico .
Musiche di Erik Satie e Piero Ciampi.
Testo:
In un’improbabile fuga dall’aldiquà
senza manco le sigarette.
Neanche l’avevi capito
che di venire da te
non m’andava
manco per il cazzo.
A guardare
insieme
un film già visto
per metà,
con la febbre
come unica scusa
per baciarti la fronte.
Una febbre che
ti arrossisce
ti arrostisce,
facendoti venire i brividi.
Li fa venire anche a me.
– Come stai?
– Male.
– Si vabè,
ma di solito si dice “bene”, no?
– Si dice “bene” se a quello che te lo chiede
non gliene fotte niente della tua risposta.
– Allora aspè :
facciamo che tu non hai la febbre,
Io arrivo e ti chiedo, così, come se nulla fosse
“come stai?”.
– Male.
– Vabè.
Tu e
la tua magistrale capacità
di non avere abitudini,
consolidata al punto giusto
da permettermi di
abituarmici,
non senza una certa
vergogna.
Io e te come
una cena,
senza pane,
col contorno
come piatto forte
e un biscotto
come dessert.
La realtà si rivela
drammaturgicamente
Inadeguata:
quando tacere è il fine,
non il mezzo.
Appoggiati su uno sgabello
girevole,
che però non si alza mai
abbastanza
da guardare con il giusto distacco
i protagonisti di questo film di merda
che siamo noi due.
Noi due che scriviamo
libri di pronomi singolari:
io — tu — egli.
Noi due da un pezzo
non più intenti a cercare
nomignoli originali per
pene e vagina,
come se dovessimo
trovare ancora il verso
a una sessualità troppo simile
alla simpatia.
Tu, gli intellettuali e i pirati.
Tu, quadro di artista
senza talento,
Incorniciata da
un corniciaio coi contro coglioni.
Statua di cioccolata destinata
a squagliarsi
dopo essere stata
il facile oggetto del desiderio
di bambocci ciccioni
e drogati di videogiochi .
Tu,
coi portapenne strapieni di matitine ikea,
che non hai mai usato,
ma che hai rubato solo
per il gusto di farti un regalo.
Se io fossi
nel mio luogo ideale
dov’è che mi piacerebbe andare?
E se fossi morto,
in paradiso,
come cazzo passerei
il mio tempo?
Esiste o no un livello
da raggiungere?
Qualcosa come il muro
del suono, il muro di berlino,
il muro del piscio di s. Lorenzo.
Come il vomito, la morte,
gli esami di stato,
l’eiaculazione,
il filtro.
Un limite insomma.
Un punto di arrivo in cui uno dice
“mo basta, sto bene così”.
Ho sentito chiaramente la parola quindi
Quinto cortometraggio del Dr.Panico 10/07/2010.
Regia, testo e musiche del Dr.Panico:
http://www.myspace.com/andreapanico
L’attrice è Silvia Bisori.
L’ultimo brano è di James Figurine.
Testo:
Pensandoci, vista da un’altra persona, la tua vita.. facendo finta che esista qualche divinità superiore che so, come Babbo Natale, che conosce perfettamente ogni tua azione. Lui sa se sei stato un buono o un cattivo bambino, specialmente lui sa con precisione cosa è buono e cosa è cattivo. Lavarsi i denti è giusto, picchiare la sorellina è sbagliato. Andare a messa è giusto, fondare una setta e sacrificare gatti del vicino al demonio è sbagliato. Insomma vista da un’altra persona, la tua vita.. che poi Babbo Natale è un concetto simile alla religione, potrebbe essere come una religione per i bambini. Babbo Natale è colui che ti fa comportare bene, non è importante che esista o sia una cazzata, mal formulata tra l’altro, ma l’importante è che lanci un messaggio di amore. Vista da un’altra persona, la tua vita.. però perché l’amore è giusto e l’odio è sbagliato? Perché Ebenezer Scrooge diventa buono e Dumbo non diventa cattivo? Poi a un certo punto scopri che in realtà Babbo Natale era tuo padre con la barba e quell’enorme castello di plastica che ti ha portato per natale l’hai pagato in un certo senso tu. Le cose quando sono regalate assumono sempre un significato diverso, ogni oggetto ti ricorda un momento e una persona. Ma così però cazzo le uniche cose che mi ricordo sono i miei genitori! Si mamma, ti voglio bene, ma c’ho pure io ‘na vita checcazzo. Del resto io sono sempre stata nella lista dei cattivi. E poi la routine della solitudine, del mangiare, del dormire, dell’aspettare. Non c’è un qualcosa o un qualcuno che ti accompagna per tutta la giornata. Per lo meno non ti dà sempre da parlare. O forse è proprio questo qualcosa o qualcuno quello con cui interloquisci a bocca chiusa. Come nei libri, dove ci affezioniamo tanto ai personaggi, perché leggiamo i loro pensieri. Ma le cose nella nostra testa esistono oppure no? Di sicuro non capita mai di sentire “ti ricordi quando hai pensato di fare..? che risate quella volta.” Distratta, mi rendo conto che l’unico sentimento che ci accomuna è, guarda un po’, la malinconia. Quasi un non senso, come l’illusione della penna che sembra molle e dopo un attimo è lì: normalmente penna. Non divertente. Non giocattolo. Non senso. Similare a quello che penso: ma la malinconia non è un pensiero, non è “‘na cosa che si magna”, è malinconia. Punto. L’unica cosa a cui potrebbe esserti utile e a ricordare, come la penna a scrivere. In una penna non c’è niente da ridere. Forse. Forse è per questo motivo che le canzoni parlano spesso di..: malinconia. La quale, come quando ascolto l’oroscopo, sembra sempre la mia. Insomma vista da un’altra persona la mia vita come sarebbe.. recensita? E, specialmente, le cose che esistono sono importanti come quelle che non esistono? Probabilmente intendiamo che una cosa esiste quando è tangibile, e San Tommaso è d’accordo, quindi la musica in un certo senso non esiste? Può darsi pure, quindi, che in un universo parallelo, quindi inesistente, viviamo la nostra vera vita in sogno e qui cazzeggiamo soltanto, e questo sarebbe un bene per coloro che si limitano ai sogni erotici. Però, c’è da dire, che nei sogni le emozioni sono amplificate, e spesso ci divertiamo, o crediamo di divertirci, cimentandoci in attività che normalmente riterremmo da cretini o che semplicemente non ci attraggono. Ho sognato una volta di tuffarmi dal sole nel mare (questa scrivetevela su facebook), che alla fine non vuol dire assolutamente un cazzo, non è niente, non esiste, non è concepibile dalla nostra mente. È stato stupendo però. Mi sono svegliata felice, ma ero felice per un motivo che non esiste. Forse. E se l’aldiquà non c’entrasse niente con tutto il resto? Dopotutto, dopo tutto, i tonni non li hanno manco mai sentiti nominare, i pomodori. Neppure i panini, eppure… come un artista: non fa quello che vuole, ma quello che può. Con questo non definirei i tonni “artisti”, sia chiaro, ma il tempo passa presto e le giornate, sempre uguali, anaforiche: mattina, pomeriggio, sera, notte. Mattina, pomeriggio, sera, notte. Trascinando con sé alcune foto di compleanni, qualcuno con l’abbronzatura, altri con acconciature improbabili, altri ancora abbracciati a personaggi ormai lontani. Forse perchè quel tizio, crescendo, è diventato un coglione. Insomma pare passata una vita da quando sono nata, e di anni non è che ne abbia poi tanti. Ma come sembra lontano ormai il mondo (….) dei portieri volanti. ……………
Cameo
Quarto cortometraggio del Dr.Panico 30/04/2010
Regia, testo e musiche del Dr.Panico:
http://www.myspace.com/andreapanico
Testo:
Il Mio bagno è un’appannata finestra su un mondo, da cui però non entra quasi mai più che uno spiraglio di luce, plumbea. Da qui si vedono gli altri bagni, si sente la musica che gli inquilini ascoltano sotto la doccia. Il bagno è lunica stanza che ti conosce davvero, se quei muri potessero parlare, non ci faresti di certo una bella figura.
Se solo me lo potessi ricordare credo che penserei con molto orgoglio alla mia entrata nel mondo dei grandi cioè quando riesci a pisciare da cristiano in poche parole.
Il bagno occupa una posizione di transizione nelle nostre vite: prima di andare a letto, dopo mangiato, prima di uscire
Il bagno è la stanza più bianca della casa, quasi a suggerire profonde riflessioni facendo tabula rasa dei colori, delle emozioni. – Pronto, sono in bagno. – Ah allora non ti disturbo, ti lascio pensare liberamente a quello che vuoi fare della tua vita.
Il Bagno è il leitmotiv di questo solo apparentemente sensato film, il cui finale però non è la parte migliore. Forse lo è linizio, per qualcun altro ovviamente. Meglio non pensarci troppo comunque.
A volte mi chiedo quanti sono realmente contenti di quello che gli ha riservato la vita, specialmente gli adulti. Forse è perché siamo abituati a vedere lautorità come un elemento alieno, come se non avessero famiglia i presidi, i professori, i carabinieri, i controllori o il pagliacci della Mac Donald. Magari uno di loro invece di dimostrare la sua autorità vorrebbe essere altrove, a mangiare le nuvole o a giocare a biglie con la luna. Invece si ritrovano con una divisa, col cervello che fuma due pacchetti di sigarette al giorno e limpossibilità morale di saltare a gambe unite sul letto.
Gli strati sociali più infelici sono sicuramente quelli che il bagno nemmeno ce lhanno, hai mai visto un pancabbestia ridere? Di cause naturali intendo. Al massimo un loro cane, dopo una cena a base di birra e panzerotti.
A mio parere i media non cercano di inculcarci la violenza, ma di venderci la cultura della felicità. La pubblicità è unesplosione di felicità, gente che ride gioiosa perché ha i messaggi gratis sul telefonino o perché ha una comodissima poltrona. Il sesso è una specie di messaggio subliminale della felicità o sbaglio? Se bevi aperol scopi alla grande e quindi sei felice. Non si è capito bene in che modo, ma il messaggio è quello. È nato prima luovo o la gallina? Ma ormai nelle uova ci sono solo sorprese, la gallina come fa a generarsi? Paradossalmente gli unici che mi sembrano felici sono i gay, magari hanno ragione loro, e gira che ti rigira quelli che lo prendono in quel posto siamo noi. Di questo passo dobbiamo solo sperare che i contadini non sappiano mai quantè buono il formaggio con le pere, sennò siamo veramente fottuti.
Il bagno è una stazione minore del treno Potenza Roma, dove non puoi neanche scendere a fumare.
Le nostre vite corrono come treni puntualissimi.
Intendiamoci, io sono un orologio, ma quelle rare volte
Che ore sono?
Quando finisce?
Quando inizia?
Quando cè lintervallo?
Dai che ho da fare.
È tardi.
La smania di sapere ti
catapulta verso il finale.
Speri, cogli
occhi di fuori,
sia qualcosa di carnale:
meglio di no: sono solo.
E comunque per quello sapresti cosa digitare.
È così ci ritroviamo ad essere
voyeur.
Curiosi.
Il cinema è uno spiare dalla serratura,
E in una parete piena ci concentriamo sul vuoto.
Con le mani unte di pop corn, o a bocca aperta davanti al computer.
Con il mento in una mano, il mouse nellaltra, e le guance gonfie daria:
Fffffff che palle.
Tolgo il blocco tasti, si illumina il display. Sono in ritardo.
Tesi
a scoprire
come va a finire.
Loro, gli orologi
oggi
organizzano e
molestano
il nostro tempo.
Sono i nostri secondini.
Lorario delle visite è finito, basta cazzeggiare.
Il livello della batteria del portatile.
La pasta sul fuoco.
Lappuntamento con quella che cerchi di farti piacere.
Il concerto con quella pagliacciata del bis.
Fuori! fuori!
Ma vi muovete a uscire che ho da fare??
E in questo modo
ci va di traverso
l’ultimo sorso
della bottiglia
più buona
della mondo.
Finalmente,
oggi sono
un’ epidemia
di sbadigli in
caduta libera
su un tappeto
di bucce di banana.
Mi ritrovo in bagno a stringermi le ossa con le dita e
per quanto normale possa apparire,
in questo momento mi sembra la cosa più irreale del mondo.
Che il presto
tardi
ad arrivare.
Oggi non voglio avere fretta
ché domani mi devo svegliare presto.
Brano in presa diretta: “Dal Loggione” di Paolo Conte.
La primavera
Terzo cortometraggio del Dr.Panico 21/03/2010
Regia, testo e musiche del Dr.Panico:
http://www.myspace.com/andreapanico
Testo:
Il mio calendario è molto più entusiasta di me.
Il mio calendario è molto più entusiasta di me, riguardo all’arrivo della primavera.
Primavera è come iniziare “e dire che allora..” prima vera cosa?
No, non credo lo sappia Nicola di Bari.
Più passa il tempo e più sono convinto che le pulizie abbiano qualcosa a che fare con la psicologia: pulisci, lavi, pensi.
Sui miei boxer c’è scritto “uomo”:
quanta piscologia che c’è nelle mutande.
Queste sono le ultime pulizie invernali.
Però che bella questa solitudine indaffarata.
Che bello non uscire.
Che bello uscire e non conoscere nessuno.
Che bello uscire e non aver voglia di parlare con nessuno.
Che bella… l’alienazione urbana!
Quando esco ho sempre qualcosa da fare,
quando rientro… niente.
Si,
scendo alla prossima.
Cosa pensi della poesia?
Si, così si chiama:
ti prometto che ci rincontreremo,
dove i controllori vanno in bici,
e faremo la guerra
alle abitudini,
insieme.
Ci gratteremo a turno
la schiena
contro le superfici zigrinate.
Cosa pensi della malinconia?
: Roma è una città in cui
si pensa molto.
Dai,
lasciami credere che sia
ancora inverno, ti prego:
non ho voglia di uscire,
ancora.
Sono bello?
Le cose belle
non piacciono a nessuno:
facciamo cacare i cani
nei giardini.
Ah vuoi scendere?
non abbiamo neanche
finito il giro!
La corsa non vale
il prezzo del biglietto.
Che tra parentesi è un euro.
è arrivata la primavera.
Prima o poi arriva ogni anno, non cambiano mai sti cazzo di anni.
Magari c’hai quarant’anni e ancora arriva sempre la primavera… ceh ogni anno della tua vita conterrà la primavera, il natale, la pasqua, il tuo compleanno, quello di tua sorella, ferragosto – pasquetta- capodanno… e ogni anno ti chiederai, o almeno io lo farò: ma che ho fatto l’anno scorso? che facevo l’anno scorso? chi cazzo ero l’anno scorso!?
e ti ricordi quando? ah ti ricordi? ah?
che bei tempi…
i ricordi sono sempre più belli della realtà.
Un anno non è veloce come nei libri di storia del liceo, veloce come la transizione dal bene al male. Un anno è un continuo ricambio del guardaroba.
Nella testa…
alla fine con tutte le cose che senti e leggi
,impagini
,confezioni
,riproponi.
Secondo questa logica il sapere rimane uguale a se stesso,
circola all’interno dei binari dei tram, viaggiando su percorsi obbligati,
appiccicato sulle loro sudicie maniglie.
Quando vado a dare un’esame che credo di grande interesse, specialmente per le ragazze che la mia facoltà non la fanno, ascolto i ragazzi ripassare. Dicono tutti, inutile dirlo, le stesse “quattro cosette”. I professori, che la sanno tanto lunga, ripetono sempre… le stesse “quattro cosette”. Dunque perdo interesse, rispondo alle domande di un uomo annoiato che ne conosce perfettamente le risposte, vado a casa.
Nella mia camera è tutto più interessante:
manca il confronto.
Se credo di essere un genio, da un momento all’altro lo divento, poi divento famoso, dimostro qualcosa alle professoresse del liceo, alle ragazze che non mi hanno mai cagato, minchia, in un attimo sono in televisione, tra le virgolette dei ragazzi troppo pigri per pensare delle loro frasi ad effetto, sulla bocca delle vecchie, sui bicipiti dei tatuati, mando a cacare pure dio!
Nella testa…
cose che senti e leggi
,impagini
,confezioni
,riproponi.
Faccio le pulizie, da solo.
Cammino, credo di essere in un film, mi sento inquadrato: carrellata a precedere, primo piano sullo sguardo pensoso, totale, mani in tasca, musica che mi rende un personaggio.
Sempre.
QUESTA…
è la classica scena in cui sono pensieroso.
Forse è per questo motivo che la musica ci influenza così tanto, non sappiamo più “come stare”: io sto bene, io sto male.
Il cappello del pensatore
Secondo cortometraggio del Dr.Panico del 08/01/2010. Per saperne di più visita http://www.myspace.com/andreapanico.
L’ Artista è Antonio Sileo, il testo, la regia e la musica sono del Dr.Panico.
Testo:
Devo disegnare, fare un personaggio, qualcuno che non sia io però dica di me quello che vorrei essere e vorrei dire. Una visione del mondo, il dolore non solo fisico di un calcio nei coglioni, viscerale, che sale, come il fumo di una sigaretta nella bocca di Paolo Conte, che scappa verso il soffitto per sentire meglio il suono del piano. Devo disegnare questo: qualcosa che non sia niente ma che assomigli a qualcosa di inutilmente bello, come una statuetta di totò che non ci assomiglia, ma è comunque ben fatta. Ispirazione, ispirazione, (respira profondamente). Magari una cosa sull’infanzia, che tirà sempre e sa di passato difficile, altro che Eminem. “Ora mi mangio un piatto di spinaci e glielo faccio vedere io a mio padre che so giocare a calcio”… mmm mefafore, storie di droga a cui siamo abituati fin da piccolissimi, però se poi ti metti a parlare della volontà di potenza di braccio di ferro di pigliano tutti per il culo, mentre se ti prendi l’aiutino perchè sei un politico e dormi 3 ore a notte è una storia ben più malinconica, di una serata in una discoteca di provincia, nella speranza di fare bella figura nel letto della buzzura di turno.
Disegnerò un uomo che muore perchè allergico ad un antistaminico… no, nessuno capirebbe perchè sta ridendo… allora allora calma, disegno due filosofi che parlano del tempo e tutti lì che li stiamo ad ascoltare, che vogliamo sentire qualcosa di interessante, da riferire a qualcuno per fare la figura dell’ interessante, e dell’interessato, che non passa la sua vita ad iscriversi a gruppi su facebook per trovare qualcuno simile a lui perchè bagna lo spazzolino prima di lavarsi i denti, ma cerca gente interessante, che cita, che ricorda a memoria “Bianca” di Nanni Moretti e conosce la storia di “Il cielo in una stanza”.
Bello si, bello un fumetto che ha qualcosa da dire, da esprimere, da giudicare, perchè l’ha fatto l’artista, mica robbetta eh, che pure se non aveva niente in mente mentre lo disegnava il significato glielo diamo noi, perchè capiamo, parliamo, spieghiamo i testi di capossela riempendoci la bocca di citazioni, che al posto delle coccole dopo l’atto, citiamo Cappelli e il Dr.Panico, pensando a cosa condividere e cosa no, con la nostra compagna, la home di facebook.
Scriviamo cose apparentemente intelligenti e che facciano pensare, ci crogioliamo nella gioia di essere taggati nelle foto in cui siamo usciti bene, magari nell’ album di un dritto. Dopo aver postato un video che potrebbe essere impopolare viviamo l’ ansia di non avere i pollici che meritiamo, “Dai mi sono impegnato tanto per trovare un gruppo norvegese dalle atmosfere pensose, e tu mi ringrazi così? Ti prego dimmi che ti piace, fammelo intuire almeno!”. Ormai quando guardo una bella ragazza alzo il pollice, però a pensarci non è male un mondo così, almeno non ci ubriachiamo dalla mattina alla sera.
Voglio disegnare qualcosa di visionario, ma sti cazzi del disegno, voglio fare un film, un film con tutti gli attori vestiti da sposa, dal pizzaiolo al politico… è da una vita che provo davanti allo specchio la posa del pensatore, che sorrido poco, il resto è disagio, ma non il disagio della polo grigia con l’alone, il disagio vero, quello che provi nel pisciare fuori dal cesso a casa dei genitori della tua ragazza. Finalmente potrei guardare il grande fratello con una buona scusa, una di quelle robe serie, sociologiche…e poi giù a ragazze, che si sentono ancora più fighe di te mentre stai facendo il figo, perchè avere una ragazzo interessante, seppure grottescamente brutto, ti fa fare sempre un figurone, o almeno è quello che ho sempre pensato io in 2 decadi di fortuna al gioco.
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