Mariangela Guatteri, “Quinta di cave e risorti”

Mariangela Guatteri, “Quinta di cave e risorti”

Mariangela Guatteri, performer e artista multimediale legge brani del poemetto “Quinta di cave e risorti”, il 16 maggio 2010, presso la ‘Loggia dei Mercanti’, ospite di “Silenzi in forma di poesia 2010”, 3° edizione, rassegna di poesia nazionale contemporanea inserita all’interno del Festival di arti in strada Maggio Sermonetano, (Sermoneta, Latina). Direzione artistica: Bianca Madeccia. Le riprese video sono a cura di Barbara Ferretti.
Stefano Napoli al contrabbasso.

DA “QUINTA DI CAVE E RISORTI” (IL TESTO).

uno stato delle cose. come la terra. un prendere atto. una guerra.

Atto I
Scene: Il giardino, La serra, La fossa del cane

Il giardino

petali di carne del cuore
un esercito in giardino
nell’incanto del sonno ibernato
un piede di terra smuove un sasso
una benda grassa tiene un taglio
l’erba ammucchia letti
per le gambe recise
vuote di cammino
di casa

mine metallo placche tonde
inganna sorte fanno fronte
casse di assi crollate
farfalle di luci
benzina solo per carri.
i fiori si fanno dormire
giorni su giorni
restino ciechi
in messa a dimora
la cripta difesa dei bulbi

l’ascia di guerra scava
è pietra fluitata di fiume
se ne fanno calchi
tanto per esser sicuri
se ne fanno copie
e di varia materia.
poi disabitati corpi
disfatti e risorti in paesaggi atroci
da radici ancora vive
irrompono appuntiti:
disintegrate razze

è troppo caro il sangue:
rimbocca le pelli
termina gli occhi
per sempre alle insegne
(non parla e non piange
e non muove il calanco
rimette peccati
frana la costa
corrode il fianco)

La serra

Lassiolo scansiona la notte
(viene a morte il tempo)
circoscrive col suono
(emissione di un unico tono che in regola pulsa
e fa la materia)
la dimensione del suo orientamento
è lui che fa il tempo
indica stati: natura presente
a ridosso di casa
mai desistita
in spalanco di porte

la casa cresce figli minori
perché muti
pieni di foglie di spine
e polline ovunque
sempre accuditi
esigenti la luce
con l’acqua che viene dal pozzo
interno cuore (un rinnovabile pasto)
quando è assediato si asciuga
intermittente pulsa
dentro il torace di un cane

La fossa del cane

il cane si scava la fossa
(la tomba di un vivo d’inverno)
batte più lento il respiro sui denti
nasconde il fiato
confabula coi vermi
perennemente in scasso
(silenzioso teorema)
(perfetto nell’ecosistema)

e in alto le ossa sui rami
forche sgravate di carne e giudizi
vuote le corde
mute le ossa
archi di calcio a riposo
a sbiancare
a vegliare la fossa del cane
la steppa di pelo che sverna i suoi arti
organi interni mucose paure

vizio incalcolato la paura
se non si è cane
se davanti ai gialli
di tristi ambulatori
sono abbandonati stati
intestini coscienze.
il cane sta in buca
fuori decàde il cielo
humus sopra fa crepe
e farmaco in gocce sui covi

è un pianto a due dimensioni
è fame
si allunga la bocca e le mani
spiluccano il cane e a strappi
anche i bulbi più sotto
sotto la buca in sintesi estrema
si dice attentato si mangiano i vivi

Atto II

Scene: Il fronte, La quinta di cave, Il sacello

Il fronte

sfondata la casa
la grata del confessionale
ficcate le dita negli occhi
negato il respiro
il suo suono
la replica e il sonno
arrivano in tanti
coi ferri un clangore
da bestie in catene

scalate le antenne
le forche a rastrello
e paraboliche croste
in piatte terrazze
di facce espugnate
si impiccano stracci
a vista orizzonte reciso
una conca di cielo
un derma irritato di luce
e brani di codice a stormi
migranti per vie sconosciute

solo un singhiozzo sfollato
e ancora più fame
(intermittente contrarsi)
(vuoto di spasmo)
non c’è vocazione di sazietà
neppure di meditazione
ma cose tenute tra i denti
incommestibili ingombri confitti
significati spariti
in cumuli stipati in chiassi

La quinta di cave

viene la notte
coi suoi circuiti chiusi
le sbarre ai suoi confini
un popolo in tumulto
sui gradini di un’arena.
vengono i gladiatori su dai buchi
eccitati i neuroni del sistema
e viene più notte
e il buio soffoca gli occhi
la bocca non fa la sua funzione

vengono come masse di ragni
le ossessioni
un delirio inchioda la fronte a un palo
e si nutre e fa sangue nero
viene la notte senza orizzonti
neanche versi di uccelli
e spigoli di luce
neanche il ritmo di un cuore
né bordi né grappe per mani

nella quinta di cave
panorama coartato
mucchi d’insonni
a gesti dirotti insistenti
preposizioni in
non articolati movimenti giocano
prossimi alla morte
puntando alla testa di un altro
(prossimo colore sfacciato esploso)
l’inadeguato alla vita del fronte

in questo giocare
come tra semplici carte
shoot me
cadendo sul tavolo verde
si pronuncia un colore
sia l’uno o l’altro
è un adagio senza sfumature.
benvenuta la scelta binaria
che mostra gli argini di sepoltura
il gioco è scavare labirinti

[…]

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Categorie:A07- Notizie letterarie

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